Il
paesaggio vegetale
A cura di Cesare Lasen
tratto da il "Sentiero Frassati"
del Veneto
Il
paesaggio del verde Comèlico, che si può ammirare in tutto il suo splendore
soprattutto nel corso dei mesi estivi, è il risultato di un armonico equilibrio
tra elementi naturali e lavoro dell'uomo. A qualsiasi credente non potrebbe
sfuggire un pensiero di lode al Creatore di fronte a meraviglie che si rinnovano
nel susseguirsi delle stagioni ma, forse, anche a un non credente, i colori
della natura e la ricchezza del patrimonio naturalistico, qui così ben
rappresentata, possono ispirare riflessioni e suggerire motivazioni per lavorare
con impegno alla salvezza di ciò che resta di un pianeta che ormai non possiamo
più definire “verde”.
Non a caso gli ideatori di questo originale circuito escursionistico, hanno
inteso lambire siti e località ricchi di storia e di significato. Per un
naturalista esperto sarà l’occasione per ammirare ambienti ad elevata
naturalità, ormai quasi irreali in questa civiltà in cui il rispetto per
l'ambiente è spesso solo teorizzato e poco praticato. Piante rare e
associazioni vegetali di eccezionale importanza fitogeografica si associano alla
bellezza intrinseca dei paesaggi in cui si inseriscono. Ma, non di meno, per
qualsiasi appassionato, ancorché poco informato sui nomi di piante e animali,
non mancherà l'occasione propizia per apprezzare la straordinaria varietà di
forme di vita e di biòtopi che si susseguono lungo il percorso e le sue
varianti.
L'importanza naturalistica del Comèlico è stata anche recentemente segnalata,
ad esempio nella pubblicazione della locale Sezione del CAI che ha raccolto
diversi contributi per illustrare le caratteristiche del territorio, ma affonda
le sue radici in altri studi e scoperte per le quali si rimanda alle voci
bibliografiche. Ma non per questo si deve supporre erroneamente che tutto sia già
noto: la bellezza del Comèlico e la sua capacità di offrire ulteriori motivi
di interesse sono confermati da alcune scoperte ancora più recenti. Solo per
citarne un paio: Cystopteris sudetica è una rara felce forestale di
origine centroeuropea, solo di recente scoperta anche nell'Italia nordorientale.
Vicino a Santo Stefano vi è una delle due uniche stazioni del Veneto (l'altra
è in Cansiglio). Nei prati di Costalta, in ambienti freschi e umidi, vegeta una
piccola e rarissima felce, Sotrychium vìrgìnianum, autentica perla.
Se è vero che tutto l'itinerario offre occasioni per un contatto ristoratore e
riappacificatore con gli elementi della Natura, tant'è che sarebbe pretestuoso
definire alcuni tratti privi o di limitato interesse, è altrettanto
comprensibile che alcuni ambienti possano invece meritare un'attenzione più
approfondita proprio in virtù della loro originalità e peculiarità.
Nei dintorni di Danta, località focale per il giro proposto, ad esempio, è
sviluppato un sistema di luoghi umidi di eccezionale interesse (Val da Ciampo,
Cercenà, VaI Màuria i più conosciuti) in cui si riconoscono lembi di torbiera
di assoluto valore, degni del massimo rispetto. Eccezionali, ad esempio, le
fioriture delle piante carnivore del genere Drosèra nelle pozze, ma
numerose sono le altre specie considerate rare e protette sia dalle direttive
comunitarie che dalle liste rosse nazionali e regionali. Interessante constatare
che il sistema di torbiere comprende sia quelle basse, dette anche soligene, che
quelle alte molto più rare da noi, dette ombrotrofiche, che si caratterizzano
per i cumuli di sfagni che crescendo molto lentamente, rendono la vita delle
piante dipendente solo dal contributo delle precipitazioni e non dal livello
della falda. Numerose le rarità relegate, proprio per la loro specificità (Andromeda
polifolia, Vaccianium mitrocarpum), meravigliose orchidee, numerose Carex,
le belle praterie a Schoenus ferrugineus), in questi singolari
ambienti degni del massimo rispetto. La specie che meglio caratterizza i
numerosi siti umidi di questo comprensorio è la curiosa genzianacea, di origine
artico-alpina, qui sopraggiunta nei periodi glaciali, dalla corolla di un
intenso blu-violaceo scuro, Swertìa perennìs, che fiorisce in estate.
A proposito di zone umide di straordinario valore, delle quali è ricco l'intero
Comèlico, non si può dimenticare l'altro sistema di biòtopi, localizzato
nella zona di Coltrondo ma comprendente anche Némes e Passo di Monte Croce. Si
tratta di ambienti ancora integri la cui importanza a livello scientifico è
testimoniata da alcune presenze, quasi uniche per la nostra flora (qui, fra le
altre, anche Carex chordorrhiza o Scheuchzeria palustrìs). Un terzo
gruppo di biotopi umidi, di rilevante valore naturalistico, è quello
localizzato alle sorgenti del Piave, sul versante nord del Col di Càneva. Qui
come altrove, sono apprezzabili gli scorrimenti superficiali di acqua, spesso
colonizzati da muschi. Il patrimonio delle sorgenti sta diventando uno dei più
preziosi in assoluto, considerando il valore sempre più strategico delle
risorse idriche per il bene dell'umanità.
Già nei dintorni di Danta, ma diffusi in tutto il Comèlico, tra il fondovalle
e i 1500-1600 metri, sono i fertili e ricchi boschi di abete bianco (abieteti).
Il patrimonio forestale di questo estremo lembo settentrionale della Provincia
di Belluno vanta solide tradizioni e tutti auspichiamo che rimanga l'esempio più
concreto di una gestione delle risorse naturali durevole e compatibile.
A proposito di boschi, oltre agli abieteti (diffusi sia sui suoli dolomitici che
sui substrati di matrice silicatica), spiccano i boschi di abete rosso, le
peccete, di regola a quote più elevate (oppure nei fondovalle più freddi) che,
sfumando gradualmente verso i lariceti che costellano le malghe e i pascoli di
alta quota, si situano tra i 1500 e i 1800-1900 metri. Al contrario di quanto si
evince dagli archivi in epoca storica (1400-1600), è invece poco diffuso il
faggio, in genere sempre misto all'abete bianco, anche nelle foreste più
importanti e celebrate quali quelle della Val Visdende e del Bosco della Dìgola.
Sensibili differenze nella struttura e nella composizione floristica si possono
apprezzare percorrendo i diversi tratti di sentiero in cui si alternano
affioramenti di substrati prevalentemente silicati con quelli di origine
carbonatica (calcari e dolomie). Spettacolari, ma solo per citare un esempio,
sono le peccete a megaforbie (ricche di alte erbe che si sviluppano nella
stagione estiva in zone ricche di umidità e nutrienti in cui la neve ha
ristagnato a lungo) che si incontrano lungo l'itinerario che attraversa il
versante che collega l'Aiàrnola al Rifugio Lunelli e Selvapiana. Esse appaiono
repentinamente dopo un cambio di versante quando si passa dalle dolomie alle
Arenarie rosse di Val Gardena.
Nella fascia subalpina, oltre il limite del bosco, qui assai variabile in
relazione all'uso del pascolo (ma è sempre più frequente osservare nuclei di
larice e abete rosso che stanno ricolonizzando i pascoli sottoutilizzati), sono
diffusi gli arbusteti subalpini. Oltre all'ontano verde che invade le vallecole
percorse dalle slavine, con il suo caratteristico corteggio di esuberanti
megaforbie (tra le quali note piante di interesse farmacologico quali l'imperatoria,
Peucedanum ostruthium, e l'achillea a foglie larghe, Achillea
macrophylla, o l'assai apprezzata, ma degna di rispetto, lattuga di monte, Cicerbita
alpina, che evidenziano la fertilità del suolo), sono da menzionare
soprattutto i rodoreti. Stupende fioriture di rododendro ferrugineo sono
osservabili soprattutto nella parte in cui affiorano le rocce paleozoiche
antiche della catena carnica principale. Un caso più unico che raro, almeno qui
da noi nelle Alpi orientali è l'estesa formazione di brughiera, particolarmente
acida e povera di nutrienti, che caratterizza tutta la Costa della Spina. Un
ambiente floristicamente povero ma di selvaggia bellezza, a volte quasi
inestricabile con rododendro ferrugineo associato a ginepro nano, azalea nana,
le tre specie di mirtillo (nero, rosso e falso), brugo, uva orsina e poche altre
specie legnose che proteggono il suolo da processi erosivi. È questo un
ambiente ideale per molti animali che vi trovano rifugio e nutrimento.
I prati delle zone di fondovalle, un tempo assai più estesi, rappresentano
elementi del paesaggio tradizionale certamente degni di essere mantenuti e in
cui si susseguono interessanti fioriture fin dalla fusione delle nevi con
crochi, soldanelle, primule, ranuncoli e genzianelle. Ma non v'è dubbio che le
più belle e appariscenti fioriture alpine siano quelle delle praterie di alta
quota. Sia nel settore calcareo-dolomitico che in quello siliceo, con numerose
specie vicarianti, si manifesta una ricchezza che colpisce anche l'occhio meno
esperto. Numerose sono le immagini che, a prescindere dalla presenza di singole
rarità, che pure non mancano, sono rimaste nel mio cuore, e allo stesso modo
potrebbero colpire un qualsiasi escursionista. Alcuni esempi: tra Passo Sésis e
Passo Oregòne, con il raro Lomatogonium carinthiacum, una genzianella di colore biancastro; la Costa
d'Antola e il Col de Varda, tra Passo Silvella e la Sella del Quaternà, la
cresta del Palombino, il versante con prati e sfasciumi tra il Cavallino e la
Pitturina, i prati umidi dei dintorni dei Laghi d'Olbe.
Il paesaggio vegetale del Comèlico non sarebbe completo se non si citassero,
rimandando il lettore a pubblicazioni più specifiche, le rocce, i detriti di
falda, i pendii rupestri e aridi, i greti torrentizi, le nicchie ombrose e
lungamente innevate, gli sfasciumi di cresta, le vallette nivali, le stazioni di
riposo del bestiame, le schiarite boschive, i margini dei sentieri e una miriade
di modeste ma non meno significative altre nicchie in cui i diversi fattori
ecologici, con il contributo dell'uomo, selezionano le differenti comunità
vegetali che ne esprimono la migliore sintesi, un monito per tutti noi a
rispettare il disegno del Creatore che ha lasciato libertà a tutti gli
organismi viventi di associarsi per utilizzare al meglio le risorse disponibili,
in spirito di collaborazione e giusta competizione, una regola che dovrebbe
valere anche nella nostra società.
La varietà di ambienti che caratterizza il “Sentiero Trassati”, rende giusto
omaggio a un personaggio che ha lasciato, in così pochi anni di vita,
un'impronta indelebile della sua spiritualità, un'eredità che non dovremmo
sciupare e che potremmo invece rafforzare imparando, tra boschi, prati e
sorgenti del Comèlico-Sappàda, a leggere quel libro sempre aperto che ci parla
della «bella d'erbe famiglia e d'animali».