Pare una stranezza chiamare
oggi troi una strada larga ed asfaltata che da Dosoledo sale a Leri e
fino al tabiè d Bigaran. Dire poi che questo è diventato al troi
dli mascri sembra cosa al limite del buon senso.
Da quest' estate quel cammino viene piacevolmente interrotto qua e là
dall’apparire di ventidue statue lignee. Parlano a loro modo dell’atmosfera
del nostro carnevale al quale inevitabilmente seguiva la quaresima delle
fatiche quotidiane delle generazioni che ci hanno preceduto. Due chilometri
fatto di bellezze naturali e di cultura. Le immagini tanto care alla nostra
memoria, fissate nei bozzetti del prof. Elio
Silvestri, sono state trasformate in
figure lignee quasi a grandezza d’uomo e sistemate lungo
il percorso e sulle facciate dei fienili. Al
larice, opportunamente protetto il compito di conservare e trasmettere a
lungo queste atmosfere e queste emozioni.
Il pannello di ingresso al percorso rivela la maschera del lachè che
invita a ritirare il foglietto illustrativo. Il primo incontro è con
l’irridente pagliaccio, a metà della prima salita una donna è intenta alla
vestizione del lachè. Il bosco si avvicina sornione, nasconde e svela
improvvisamente gli affiancati orchestrali. Due maschere da bel
sembrano sbucare dal prato che circonda uno dei tanti fienili messi a
riposo. Più avanti sulla fiancata del barcu si stagliano una coppia
di maschere da vecu. Arrivati al pianoro dei tre fienili sembra di
entrare nel corteo guidato dalla coppia del lachè e matazin guardati
a vista da un pagliaccio. Di lato il totem di Gulin illustra lo
snodarsi del corteo carnevalesco. Abbandonando questo scenario ci si aspetta
qualche spettacolare seguito. Appare invece ad una certa distanza la solita
catasta di legna. Solo da vicino, incastonato tra la ramaglia e le bore
si svela inattesa l’immagine del Cristo sofferente. E’ lì a testimoniare il
massimo dolore e sacrificio che accompagnava in forma pur attenuata la vita
quotidiana. Più avanti, nascosta tra gli alberi ecco una scolaresca con il
maestro. Continuando il cammino si incontra l’anziana con la gerla della
legna e più in su l’uomo col cesu dal fion, arrivato finalmente dai
prati alti al suo barcu. Al tabiè d Bigaran pare appena
arrivato l’uomo con la slitta della legna, stanco e sudato ma, per fortuna,
sano e salvo.
Qui si conclude questo strano troi dli mascri che vive del contrasto
tra i colori della gioia ed il grigiore della fatica. |