Anastasio De Villa
Anastasio
De Villa, scultore. Merita un ricordo e un doveroso riconoscimento il talento
artistico di quest'uomo, nato a Costalta l'8 gennaio 1924 e morto a Feltre l'8
gennaio 1992, giorno del suo sessantottesimo compleanno.
Un talento purtroppo tarpato, rimasto scolpito negli anni della sua
giovinezza, poi sfortunatamente contenuto nella spirale della sofferenza
psichica e dell'indifferenza di chi poteva modificare il corso degli eventi.
Anastasio De Villa aveva ereditato dal padre, artigiano marmista, la passione
per lo scalpello. Ma già nella infanzia modellava con l'argilla le prime
riproduzioni e rivelava la propensione per la scultura.
Ventitreenne si recò a Carrara, terra della cave di marmo e sede di una scuola
d'arte, per apprendere la tecnica scultorea. Fu apprezzato e stimato da
insegnanti e compagni di scuola. A fine corso una sua opera trovò collocazione
nell'istituto d'arte, segno di evidente stima per le capacità scultoree. Se ne
ritornò al paese, Anastasio, carico di idee e di speranze. Voleva coltivare
senza vincoli l'arte, che sentiva emergergli dentro. Per mantenersi però
doveva adattare le sue capacità nello stretto ambito commerciale delle lapidi e
delle sculture funerarie. Anche in questi lavori si notava il tocco di classe
che contraddistingueva i suoi da altri lavori. Ma per lui ciò era limitante.
Ricercava altri stimoli, altri impulsi a cui la cultura artistica appresa a
scuola lo spingeva.
Non erano gli anni più propizi quelli in cui Anastasio De Villa si trovò ad
operare. Gli anni cinquanta dell'emigrazione, della vita grama di paese, della
sottocultura invidiosa e pettegola. Non è difficile pensare quali reazioni
potesse avere una donna timorata e bigotta nel passare davanti al laboratorio
dove Anastasio modellava con il gesso o scolpiva nel marmo qualche corpo
maschile o femminile.
La sua fragilità psicologica probabilmente non resse il confronto. Può ben
scrivere il Leopardi, nelle Ricordanze: “né mi diceva il cor che l’età
verde/sarei dannato a consumare in questo/natio borgo selvaggio, intra una
gente/zotica, vil; cui nomi strani, e spesso/argomento di riso e di trastullo,/son
dottrina e saper”. Non tutti gli artisti hanno la forza d’animo di
combattere la solitudine, l’incomprensione, anche il disprezzo, che
specialmente nelle realtà periferiche a loro è riservata; non tutti riescono
ad uscire ed affermarsi.
Anastasio De Villa avrebbe potuto senz’altro trovare il suo spazio artistico:
ne aveva le qualità. Lo testimoniano le sue opere giovanili, rimaste per
fortuna intatte nel laboratorio, chiuso alla sua partenza un freddo giorno
d’autunno e mai più rivisitato.
Stile classico, versta. Tecnica fine, foriera di possibili aperture e sviluppi.
Una morte artistica prematura, che lascia rimpianti ancor oggi in chi rivede i
suoi autoritratti, i busti, i bassorilievi, le statue. Scolpire il marmo: più
difficile che colorare una tela. Ogni tocco deve avere la precisione e contenere
la sicurezza del risultato. Lo ricordava, nei momenti di rimpianto, lo stesso
Anastasio ed i suoi occhi si inumidivano.
Resta la certezza che almeno una parte delle sue opere può essere ancora vista.
Queste pagine e la mostra di Villa Poli sono un omaggio ad un artista, il cui
talento tutti possono constatare.
A cura del Gruppo Musicale di Costalta