Gli affreschi >
Immagine1.jpg
La Parrocchiale
di S. Nicolò di Comelico

a cura di Daniela Sacco e Viviana Ferrario

La chiesa, dedicata a San Nicolò Vescovo, sorge su un’area sopraelevata rispetto alla piazza del paese. La breve elevazione è sottolineata da un muro di cinta che circonda il sagrato, un tempo zona cimiteriale. Essa presenta le forme tipiche di altre cappelle gotiche costruite in Cadore e in Comelico: abside poligonale, tetto molto spiovente e aggettante rispetto alle pareti, ricoperto con scandole, robusti contrafforti a reggere le spinte laterali, finestre ad occhio e a ogiva. E’ orientata con l’abside a est, secondo i canoni tradizionali, e su una parete dell’abside, illuminata dalla luce del mattino, campeggia un San Cristoforo ad affresco. Nel corso del Quattrocento la figura di questo santo amatissimo veniva dipinta all’esterno delle chiese con uno scopo preciso: il viandante che lo scorgeva, anche da lontano, era sicuro della protezione del santo.


La prima attestazione dell’esistenza della chiesa si ricava da un documento, purtroppo non più rintracciabile in originale, che parla di un atto di compravendita “actum in porticu ecclesie Sancti Nicolaiâ€, cioè stipulato nel portico della chiesa di San Nicolò. La data dell’atto è stata diversamente trascritta dagli studiosi (prevalgono le letture 1029 e 1199), ma certo è che a San Nicolò esisteva, almeno dal XII secolo, una chiesa provvista di portico, sotto il quale, per rendere più sacri i patti, il notaio chiamava i contraenti.
Una deliberazione del Consiglio della Comunità Cadorina del 9 gennaio 1472 riguarda il rifacimento della chiesa di San Nicolò. I lavori sono già completati nel 1475, come testimonia la scritta posta in cima al piedritto destro dell’arcone: “MAISTRO ZUANE DE CHOMO FÈ QUESTA GLESIA (segue segno dello scorpione, per significare probabilmente il periodo dell’anno tra ottobre e novembre) MCCCCLXXVâ€. La scritta, ritrovata per la prima volta dal professor Antonio Lazzarini che diresse i restauri del 1951-52, si legge benissimo tuttora.
All’esterno, a destra dell’entrata laterale della chiesa, sotto un affresco, non facilmente databile, riproducente l’effigie di San Nicolò Vescovo, è scolpita una data, che, soprattutto nel passato, è stata letta come 1413. Attualmente ci si orienta per la
Immagine2.jpg
Immagine3.jpg
L’effigie di S.Nicolò Vescovo ad affresco, il monogramma di San Bernardino e la presunta data di consacrazione della chiesa (1473)
Cenni storici
lettura 1473, che convergerebbe con i dati sopra riportati.
La data, il monogramma IHS che la affianca e l’effigie sono un “sistema di segni†che si dovrebbe leggere come un timbro: il tempo e il simbolo dell’avvenuta consacrazione e il titolo della chiesa. Se la diffusione del monogramma è da mettere in relazione con San Bernardino, il grande oratore e promotore della sigla IHS (Iesus Hominum Salvator) che morì abbastanza giovane, nel 1444 (ma è presumibile che la sua fama arrivasse da queste parti con qualche anno di ritardo) abbiamo un elemento in più per accettare la datazione più tarda del rifacimento della chiesa.
Qualche anno dopo viene chiamato dal vicino Friuli ad affrescare l’interno dell’abside Gianfrancesco da Tolmezzo, il quale lascia in cima al piedritto sinistro dell’arcone la firma del suo lavoro: “OPERA DE MI ZUANE FRANCESCHO FIOL DE MAESTRO DURIGO DANIEL SA[R]TORE DE TOLMEZO 1482â€.
Nel 1633, rispettando lo stile gotico, si prolunga la chiesa di una campata e si costruiscono le cappelle laterali che, verso la fine del secolo, in un nuovo slancio di amore per la propria chiesa, gli abitanti di San Nicolò provvederanno a dotare di bellissimi altari lignei scolpiti e dorati.
Gli studiosi riferiscono di un intervento di restauro e di pulitura della chiesa che avviene nel 1792. Forse risale a questo momento la scialbatura delle pareti che nasconde gli affreschi; ma la collettività ne conserva memoria, tanto che all’inizio del Novecento gli estensori delle prime “guide†del Cadore parlano con sicurezza dell’esistenza di “apostoli coperti di uno strato di calceâ€, augurandosi che vengano presto portati alla luce.
Nel 1941 la Commissione d’arte Sacra fa un sopralluogo e avvia la pratica per l’intervento della Soprintendenza alle Belle Arti. L’entusiasmo di Don Valentino De Martin nel dare ai parrocchiani la bella notizia viene subito ridimensionato dal momento storico che vedeva il pieno svolgersi della seconda guerra mondiale. Si dovrà aspettare il 1951 per dare inizio allo scoprimento e al restauro degli affreschi. A mano a mano si assiste all’affiorare dei volti, delle vesti, dei santi, del bellissimo angelo annunciante. Il recupero, finito nel 1952, ci restitusce uno dei più completi cicli di affreschi di quel Gianfrancesco da Tolmezzo (n. circa 1450 - m. 1511), già ampiamente noto e apprezzato nel vicino Friuli come caposcuola della pittura friulana del secondo Quattrocento e divulgatore delle novità rinascimentali toscane e veneziane. Un secondo restauro, accompagnato da opere di risanamento dall’umidità, venne eseguito dalla Soprintendenza nel 1991-92.
Immagine4.jpg
Immagine5.jpg
Il bellissimo angelo annun-
ciante sull’arcone dell’abside


La “firma†di Gianfrancesco da Tolmezzo sulla lesena sinistra

Immagine6.jpg
La volta del presbiterio con le figure dei dottori della chiesa e dei profeti